Tartine, bocconcini, rustici, mini-sandwich, fritture, pasticceria mignon e dessert monoporzione: le preparazioni piccole ma buonissime che caratterizzano il cosiddetto finger food possono traghettarci dall’antipasto al dolce con gusto, armonia e un’esplosione di sapori e colori, frutto di accostamenti tradizionali o più arditi e innovativi.

Ciò che accomuna tutte queste ricette è la possibilità di essere assaporate direttamente con le mani, facendone, letteralmente, un solo boccone. Vediamo come è nata e si è diffusa questa abitudine, che, dalla semplice necessità di consumare cibo velocemente e in piedi, si è evoluta in una vera esperienza gourmet, promossa anche da elegantissimi cuochi in ristoranti di lusso.

I precursori: dal cibo di strada dell’Impero fino ai locali anni ’20

Gli antichi Romani amavano consumare cibo in strada. Le specialità erano costituite da porzioni di fritti e insaccati. Pensate che i cittadini dell’Urbe dedicarono addirittura una strada al classico panino: la centrale via Panisperna il cui nome, letteralmente, deriva da “panis” e “perna”, l’attuale prosciutto. Non solo, l’abitudine di mangiare per le strade era talmente diffusa da esigere che un editto dell’imperatore Domiziano limitasse l’accesso ai venditori ambulanti, per evitare caos e disordini nel centro cittadino. In epoca antica però, e comunque almeno fino al Rinascimento e oltre, anche se il cibo era consumato con le mani e le preparazioni erano adatte allo scopo, non si può ancora propriamente parlare di finger food.

Facciamo un salto quantico e approdiamo negli Stati Uniti, negli anni della grande depressione, ma anche della nascita degli stili moderni di jazz e dei locali fumosi e frequentatissimi dove si violavano più o meno apertamente le regole del proibizionismo. Questi luoghi d’incontro clandestino venivano chiamati “speakeasy”, per sottolineare come fosse necessario evitare rumori molesti, soprattutto al di fuori del locale. Per fare in modo che i clienti consumassero molti alcolici, senza però ubriacarsi troppo, i gestori offrivano stuzzichini e snack di vario tipo. Un’idea non solo remunerativa, ma destinata a tracciare un solco indelebile nelle abitudini del popolo americano, e successivamente di quello europeo.

Aperitivi, eventi informali, happy hour e catering

Dal dopoguerra in poi si diffonde l’abitudine, sempre negli States, di assaggiare tartine e piccoli snack salati per accompagnare il drink prima della cena. Lentamente, il cosiddetto “aperitivo” si diffonde anche nel resto del mondo e si fa strada quindi anche in Europa.

Inoltre, le preparazioni diventano sempre più articolate e sfiziose, spaziando dal salato fino al dolce. Ed è per questo che il finger food non viene più relegato al momento prima della cena, ma viene anche utilizzato come sostituto di un pasto completo. Una serata insieme dopo il cinema, una piccola festa improvvisata, oppure una simpatica partita al tavolo verde con gli amici di sempre: le occasioni per preparare ricette veloci e sfiziose non mancano e, con un po’ di organizzazione e fantasia, uno spuntino veloce è alla portata delle doti culinarie di tutti.

L’espressione “happy hour” è stata mutuata da un verso di Shakespeare, nel suo Enrico V, ed è diventata di uso comune nel mondo anglosassone per indicare un “momento felice”. Bar e pub che vogliono attirare e fidelizzare la clientela offrono, in un determinato arco temporale della giornata, generalmente coincidente con l’ora dell’aperitivo, bibite a prezzi ridotti e un ricco buffet con ogni possibile delizia, da gustare spesso con il solo uso delle mani.

Se vogliamo situare nel tempo la nascita della definizione “finger food”, dobbiamo però arrivare all’inizio del Terzo Millennio. Infatti, nel corso dell’importante fiera del settore Expo-Gast a Salisburgo, si richiese il contributo degli espositori in modo nuovo ed originale. Ciascun team doveva preparare un’entrée da poter mangiare solo con le dita. Da qual momento in poi, è avvenuta la standardizzazione della natura e qualità del finger food. Le ricette devono poter bilanciare elementi di croccantezza e morbidezza, devono essere costituite da almeno tre differenti ingredienti, si deve fare attenzione alla presentazione e ad una qualche logica nella creazione del percorso di degustazione.

Anche per questa sua progressiva evoluzione, il finger food è potuto salire nell’Olimpo delle preparazioni da offrire in caso di buffet per cerimonie, conferenze ed eventi importanti.

Le ultime tendenze

Dagli anni ’80 in poi, ovvero quando i grandi cuochi stellati hanno iniziato a promuovere una filosofia che prediligeva la qualità e l’elaborazione sulla quantità delle porzioni, le piccole e prelibate preparazioni sono diventate spesso le protagoniste del menù, stuzzicando, oltre che il palato dei fortunati avventori, anche la fantasia degli artisti del cibo. Oggi, la sfida accolta dai maghi della cucina è quella di ridurre le ricette tradizionali a finger food, modificando quando necessario consistenze ed ingredienti, per “condensare” in un unico, piccolo boccone, tutto il gusto di un piatto completo.

Insieme al diffondersi di un nuovo modo di rapportarsi con la cucina, nasce anche il desiderio di esplorare territori nuovi. Dal Giappone, ad esempio, si è ormai da tempo imposto il sushi, portando sulle tavole italiane una delle tradizioni più blasonate dell’estremo Oriente, con ricette dal sapore unico, dal look elegante e raffinato. I più esperti sollevano abilmente i bocconcini con le bacchette, dopo averli delicatamente immersi nella soja e conditi con un po’ di wasabi. Ma, per la maggior parte di noi, il sushi rappresenta un’aggiunta gradita al menù dei cibi da portare alla bocca – sempre ovviamente con la dovuta grazia e bon ton – solo con le mani.